Credere in Dio è arroganza, affidarsi alla scienza è umiltà.





Anche se un giorno la scienza riuscisse a spiegare tutto, ci sarebbero comunque credenti in Dio, perché ciò che spinge gli uomini a credere in questo essere immaginario non sono i vuoti della scienza, ma il bisogno infantile di sentirsi creati e amati da qualcuno, di essere stati scelti per uno scopo superiore, di essere, appunto, troppo importanti per fare la stessa fine delle formiche.







Chi è più umile, un ateo che si crede la persona più intelligente del mondo ma accetta di essere un semplice animale frutto del caso, oppure un credente che, pur considerandosi umile, crede di essere figlio del Creatore di Tutto, pensa di essere fatto a sua immagine e somiglianza e crede addirittura che questo essere onnipotente si sia sacrificato per lui?

Non c'è paragone: non esiste nulla di più arrogante del credersi figli di un Dio onnipotente, pensare di essere fatti a sua immagine e somiglianza, credere addirittura che questo Dio si sia sacrificato per noi, che ci osservi per tutto il corso della nostra vita e che abbia creato l'universo per un gesto di amore nei nostri confronti.

La scienza non si basa su dogmi e gli scienziati sono sempre pronti a rivalutare le proprie tesi, a patto che ci siano ragionamenti e prove concrete per farlo, mentre la religione non scende a compromessi: l'uomo è troppo importante per poter essere messo sullo stesso piano degli (altri) animali, al punto che, quando sbaglia l'uomo (peccato originale), l'intera terra ne risente, infatti anche gli animali hanno cominciato a soffrire e morire a causa del peccato umano, proprio come se tutto girasse intorno all'uomo.

"L'uomo nella sua arroganza si crede un'opera grande, meritevole di una creazione divina. 
Più umile, io credo sia più giusto considerarlo discendente degli animali."
(Charles Darwin, L'origine dell'uomo e la selezione sessuale)

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